domenica 2 dicembre 2012

Musei Capitolini : condivisione video . I bronzi originali di Marco Aurelio e Costantino a confronto

condivisione video : La celeberrima statua di Marco Aurelio, mossa dal piedistallo capitolino...

IL CAVALLO PIU' FAMOSO DI ROMA

Un condottiero di alto rango e' imprescindibile dal suo cavallo.
Tutti i grandi personaggi della storia sono stati raffigurati con il loro illustre equino, fedele compagno di battaglia ed amico fidato. Di alcuni , ne conosciamo anche il nome. 
Bucefalo di Alessandro Magno, Incitatus di Caligola, Marengo di Napoleone, Marsala di Garibaldi portando in groppa il loro prezioso carico, rappresentano il valore aggiunto dell'eroe. 

 Certo uno Zorro appiedato e' molto meno convincente di quando invece, al balzo , salta in groppa al devoto Tornado, accorso con un fischio. E che cosa avrebbero pensato i francesi vedendo il loro Napoleone in mezzo alla bufera del San Bernardo, se David non lo avesse rappresentato sul bianco e riccioluto Marengo impennato e incurante della procella ?

Il nobile animale sublima le qualita' del suo condottiero , che dall'alto del suo dorso, domina il mondo, e così le statue equestri, diventano efficace strumento di propaganda, a cui si associa il valore ardimentoso dell'eroe.

Le piu' preziose raffigurazioni del binomio cavallo-cavaliere,
sono state quelle in bronzo, per il valore intrinseco e simbolico del metallo, ma poche sono sopravvissute alle temperie medievali, che 
 hanno preferito la fusione e il riutilizzo della pregiata lega sacrificando l'imperitura memoria del simbolo.

Al Marco Aurelio capitolino è stato attribuito un valore straordinario che l'ha preservato, dal II secolo dopo Cristo sino ad oggi,  dalle barbarie, dalle intemperie, dalle guerre e anche da un attentato nel 1979.
 E tutto questo grazie ad un errore.
Infatti se il popolo romano avesse saputo che l'effigiato era Marco Aurelio, il grande e dunque pregiatissimo bronzo sarebbe stato trasformato in cannone o equipaggiamento militare.
Senza nulla togliere all'imperatore filosofo, questi non sarebbe sopravvissuto se non fosse stato scambiato per l'imperatore Costantino.
E se Costantino il Grande si è meritato tale attributo e la permanenza nei secoli, sotto forma di ambito e conteso metallo,
 e' perche' fu il punto nodale del passaggio, ma soprattutto della legittimazione del potere dagli imperatori ai papi, che diverranno i veri signori ed artefici della politica romana sino all'unita' d'Italia.

Non a caso la statua da' le spalle al Foro romano, al passato laico e pagano , e si affaccia verso la nuova Roma fatta di cupole di chiese che ne caratterizzano oltre che lo scenario, anche la destinazione politica e sociale.

L'editto di Milano , prima, che consentendo la liberta' di culto, libero' gli oppressi cristiani dalle persecuzioni, e successivamente la "donazione di Costantino ", che garantiva al papa ed ai suoi discendenti l'autorita' su Roma, in vece dell'imperatore trasferitosi a Costantinopoli, fecero dell'imperatore il "campione" della Chiesa, tutelando il naturale legame con la grandezza dell'antica e potente Roma con le nuove necessita' temporali dei pontefici.

Fu infatti proprio Paolo III Farnese, il papa che convoco ' il Concilio di Trento, nel momento in cui la Chiesa di Roma era minacciata dai barbari luterani, a far collocare la statua, dal fido Michelangelo, nel centro della piazza simbolo dell'autorita' di Roma.
Dopo secoli di onorata presenza, dal 1997, l'originale,  protetto e conservato come la sua veneranda eta' richiede, e' stato musealizzato nel Palazzo dei Conservatori, dopo un accurato e difficile restauro, e rimpiazzato con una copia, eseguita con  
 altissima perizia dai tecnici della Zecca dello Stato. 
  
1836 anni di attenzioni verso il CABALLUS CONSTANTINI, forse anche perche' si dice che quando la civetta (in realta' il ciuffo della criniera tra le orecchie del cavallo) cantera', avverra' la fine del mondo ? 




domenica 18 novembre 2012

a proposito di peste : I PROMESSI SPOSI IN DIECI MINUTI condivisione video

TERREMOTI ED INONDAZIONI



INONDAZIONI, PESTE E TERREMOTI A ROMA

Roma si merita l'appellativo "Eterna", non solo per la persistenza storica, culturale, monumentale e architettonica, per l'influenza e l'eredita' lasciata nelle tradizioni e dalla lingua latina, ma anche per essere riuscita a sopravvivere, a volte con allarmanti bilanci, alle devastazioni delle calate barbariche, alle crisi economiche, spirituali e politiche,  ad incendi, terremoti, alluvioni ed epidemie. 

La linfa vitale di Roma fu l'acqua del Tevere, ragione di nascita, sviluppo, vita, lavoro e comunicazione dell'agglomerato.

Regina delle acque, con terme, ninfei, fontane e approvvigionamento  idrico nelle domus, fu messa in ginocchio nel VI secolo dopo Cristo, dal taglio degli acquedotti, ad opera degli invasori Goti, che obbligarono la popolazione a concentrarsi
nell'ansa del Tevere, il Campo Marzio, che grazie al fiume poteva offrire sussistenza. 
Ma così come dava, l'acqua toglieva. 
E senza distinzione, umili dimore , case signorili e chiese venivano allagate;  disegni, stampe, iscrizioni ricordano che per quasi 2600
anni , ogni 50 anni, le acque limacciose del biondo fiume sommergevano il centro storico, devastando vite, attivita' ed edifici.
Ovunque, nel Campo Marzio, targhe affisse a diverse altezze, indicano il livello raggiunto dalla forza esondante del fiume.
Finche' con l'ultima piena nel 1870, in cui l'acqua superò i 17 metri, il neonato Stato Italiano decise la costruzione dei muraglioni lungo il fiume, che raggiungendo i 18 metri, proteggevano la citta' dallo straripamento.

Il fiume caratterizzava l'isola Tiberina, che per la sua posizione 
 d'isolamento, ebbe vocazione ospedaliera e di lazzaretto
 durante l'epidemie di vaiolo e peste,  infezioni portate a Roma dai soldati e dai marinai.
 La citta' con alta densita' e concentrazione di abitanti, malnutriti e privi di ogni attenzione igienica data l'assenza di fognature e l'abbondanza di rifiuti, malsane e caotiche era terreno fertile per la diffusione delle infezioni. 

Gia' dall'antichita', Roma fu colpita da epidemie di cui non si conosceva il nome, ed il male era inteso come un castigo divino.

La statua di bronzo che dall'alto di castel Sant'Angelo si specchia nel fiume, ricorda la peste del VI secolo, quando l' arcangelo Michele, rinfoderando la spada sopra il mausoleo imperiale che prese il suo nome quando fu trasformato in castello, annuncio' ai 
romani la fine del contagio,

Tra il 1347 ed il 1353 la peste nera ( bubbonica) decimo' la popolazione europea,  inizialmente diffusa dai marinai genovesi attraverso la vasta rete commerciale. 
Quando arrivo' a Roma, il libero comune offri' in voto alla Vergine i 124 gradini della scalinata dell'Ara Coeli per far cessare l'epidemia.

La forza dei quattro elementi ha segnato Roma con l'acqua delle inondazioni, il fuoco degli incendi , l'aria delle epidemie e la terra che durante i terremoti ha fatto tremare la citta', risentendo delle scosse generate dai Colli Albani o dall'Appennino.

I danni e la rovina a Roma del sisma del 1349 furono documentati dal Petrarca, in seguito, 3 arcate del Colosseo crollarono nel gravissimo terremoto del 1703 che distrusse L'Aquila e una  successione di scosse  tra il 1800 e 1900 richiese una serie di interventi nello storico anfiteatro.
Il gusto romantico ottocentesco caratterizzo' il consolidamento che 
 l'architetto Stern fece al Colosseo, in cui fermo' l'istantanea dell'attimo del crollo, conservando il dissesto delle arcate.

Oggi, come un valoroso guerriero, Roma mostra le cicatrici, di battaglie combattute e vinte , nei monumenti superstiti, mutilati,  
silenziosi testimoni della vulnerabilita' di una citta' fatta non 
piu' di miti e potere, ma uomini impauriti, fragili ed impotenti.




lunedì 5 novembre 2012

condivisione video :LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA 2.wmv

condivisione video :Tutti i quadri di Jan Vermeer - All Jan Vermeer paintings

I FALSI VERMEER

La mostra dedicata a Johannes Vermeer ha rubato la scena a tutte le altre esposizioni d'arte programmate quest'anno a Roma. 

Otto dei suoi quadri catalizzano l'attenzione, in mezzo ad opere di pittori olandesi suoi contemporanei e concorrenti, in un 'epoca in cui,  nei Paesi Bassi il nuovo mercato d'arte, competitivo e moderno, si rivolgeva  alla esordiente borghesia benestante e l'antagonismo tra gli artisti era tale da offrire una produzione di circa 70.000 quadri all'anno.

Quasi tutti i pittori necessitavano di un secondo lavoro per mantenersi, e solo il maestro Rembrandt van Rijn, riusci' a spiccare fra tutti.
Lo stesso Vermeer , per quando stimato e due volte decano della gilda di San Luca, la corporazione degli artisti e degli artigiani, 
raggiunse la notorieta' solo due secoli dopo la sua morte, quando la 
luce, indiscussa protagonista dei suoi quadri, fu notata ed apprezzata proprio quando altri artisti, gli impressionisti, stavano travolgendo con la luce delle loro opere  , le tele accademiche.
La fama del Maestro crebbe tanto da meritarsi di essere falsificato.

Definire falsario Han van Meegeren, il pittore che ha ingannato per anni il mondo dell'arte, limita il suo talento e la sua preparazione. 
Non si limitava a copiare, ma creo' dei Vermeer , proprio quelli che i critici d'arte cercavano e volevano: i soggetti religiosi, considerando l'importanza che ha avuto, nella vita del pittore, 
la sua conversione dal calvinismo alla religione cattolica.

Mentre Picasso, Klee, Mondrian, guardavano al futuro , egli dedico' tutte le sue energie e risorse al '600, cercando tele e  chiodi dell'epoca, preparando i colori e i pennelli come si facevano al tempo  di Vermeer e studiando e perfezionando la tecnica sino a diventare tutt'uno con il grande Maestro.

Non vendette i suoi primi due falsi, perfetti nella tecnica, soggetto 
e materiali, perche' riteneva fossero quadri da falsario, legati al filone che ci si aspettava . Ne avrebbe ricavato abbastanza da coprire le spese , altissime, sostenute per procacciarsi i materiali, tra cui tele del XVII secolo e lapislazzuli.

Solo quando ebbe creato nuovi soggetti, immise nel mercato d'arte 6 Vermeer che furono acclamati come emozionanti, strabilianti e senza prezzo, da quegli stessi critici che  avevano stroncato  la sua carriera di pittore.
La cena in Emmaus fu acquistato nel 1938 per una fortuna dal museo Boijmans di Rotterdam e altri finirono nella collezione di Goring ed Hitler.
Quando , nel 1947 dovette giustificare la sua enorme ricchezza e il possesso dei Vermeer, e fu arrestato con il sospetto di essere un collaborazionista nazista.
Per discolparsi, gli fu chiesto di dipingere davanti alla Corte.
 Le accuse caddero e divento' l'uomo piu' famoso di  Amsterdarm. Aveva buggerato gli arroganti baroni dell'arte ed il Fuhrer.
Tuttora nel museo di Rotterdam si tengono seminari e conferenze su van Meegeren, che oltre ad avere avuto  l'accortezza di usare materiali d'epoca, riusci' a simulare l'invecchiamento dell'opera legando i pigmenti con la baxelite che  induriva, ad alte temperature, i colori ad olio , che possono richiedere per una completa essiccatura, anche 50 anni.
Si premuro' di creare dei depositi di polvere nelle crepature del colore, e soprattutto scelse un soggetto che non esisteva.

Purtroppo, nella mostra, nessuno dei suoi falsi e' presente. 
Ma un dubbio aleggia sulla ragazza col cappello rosso che occhieggia dagli autobus e sui cartelloni.
Non di mano di van Meegeren, ma forse nemmeno di Vermeer, questa piccola meravigliosa tavola ( materiale mai utilizzato dal pittore ),
eseguita con la tecnica che il Maestro utilizzava per evidenziare i dettagli con la luce, ovvero piccoli punti di colore di toni piu' chiari accostati , ha evidenziato ai raggi x di essere stata ridipinta sopra un ritratto virile di stile rembrandtiano.
Originali o false , se riescono ad emozionare, sono opere d'arte comunque. 





lunedì 29 ottobre 2012

BOSCHI DI PIETRA

La vita e la quotidianita' dell'uomo antico avevano uno stretto contatto con l'ambiente, dal quale dipendevano .
La natura era dunque temuta e rispettata, ed ogni sua manifestazione accuratamente osservata e ponderata, e quindi fu spontaneo venerarla quando il bisogno di religione e di sacralita' si affaccio' nell'animo umano.
Prima che il pantheon greco monopolizzasse il mondo antico con divinita' umanizzate  per difetti ed esigenze, l'empireo arcaico era 
potente e spaventoso, e la natura nei suoi molteplici aspetti, dava e toglieva, indifferente ai bisogni e alle tragedie umane.
Le semplici necessita' di sopravvivenza da un lato, e di spiritualita' dall'altro trovarono la spontanea traslazione degli elementi naturali nelle prime manifestazioni religiose ed artistiche.
Il primo luogo sacro fu il bosco, il LUCUS , necessario perche' riforniva l'uomo di cibo, erbe medicamentose  e legna, ma anche rischioso, misterioso , buio e pericoloso per le belve.

E nel tempo in cui le grandi emergenze si fronteggiavano con riti magici, canti , danze, offerte e sacrifici, il bosco fu assoggettato 
e poi fu sostituito con il tempio, luogo inviolabile e divino,
e testimone dell'evoluzione dell'uomo.

Il templum era un luogo consacrato, scelto dalla divinazione degli auguri, i sacerdoti che interpretavano la volonta' degli dei attraverso elaborati riti ed osservazione del cielo.
Su queste speciali aree inaugurate , sorsero i primi santuari,
 semplici nelle forme ma intangibili ed inaccessibili, in quanto dimora stessa della divinita'.
Anticamente i fedeli non avevano accesso ai luoghi sacri, luci o templi che fossero, dove solamente durante particolari feste pubbliche, ritualizzate, era permessa la loro presenza .
L'esclusione del profano dal luogo venerato era sottolineata dalla presenza nel tempio di un alto podio, sulle cui scalinate o ai piedi 
delle stesse, era posta l'ara per la cerimonia , seguita dai laici a debita distanza.

Molti elementi arcaici vennero conservati , nelle epoche successive, soprattutto nell'architettura, quando da lignei i templi diventarono  di pietra .
I tronchi legnosi, con le loro venature, diventarono colonne scanalate che evidenziavano  giochi chiaroscurali, le fascette di bronzo che concludevano i pali ebbero corrispondenza lapidea nel collarino di pietra sopra il fusto della colonna, e la decorazione del fregio  riporta l'originale carpenteria come i triglifi ovvero le testate delle travi lignee.
La pietra, non piu' deperibile e vulnerabile agli incendi , trasmetteva l'inmmortalita' del mito.

I teschi degli arieti sacrificati diventarono le volute del capitello ionico, mentre le foglie dell'acanto, pianta spontanea del mediterraneo, valorizzava il capitello corinzio e  decorava le pareti con i suoi girali.

E' tutto davanti ai nostri occhi, ma non sappiamo piu' leggerlo.



domenica 21 ottobre 2012

F.Zeri commenta il restauro della cappella sistina- condivisione video

ll Tormento e l'estasi -condivisione video



FILM DEL 1965 CON CHARLTON HESTON , REGIA DI CAROL REED.

MICHELANGELO, IL NUME DELL'ARTE...MA CHE CARATTERACCIO !

Biografie e descrizioni lo presentano come un uomo burbero, avaro, scontroso, dispotico, ombroso, geloso, irascibile, lunatico 
e caparbio. Una miscela esplosiva di cattive attitudini e di poca disponibilita' alla socializzazione, ma che viene obliterata da un 
un'unica imprescindibile qualita' : la genialita'.

Il talento da solo non basta a creare opere immortali, il mondo è pieno di artisti eccellenti , sconosciuti al di fuori dei circuiti artistici. 
Michelangelo no, è conosciuto e venerato nei 5 continenti, l'alito vitale trasmesso dal Creatore ad Adamo con lo sfiorarsi delle mani è un'icona universale, ed anche se vista e rivista, comunica sempre un'emozione.
Quel gesto, semplicissimo, è di una potenza assoluta, realmente vitale, valorizzato anzi,  portato al sublime dallo sfondo neutro, vuoto e inconsistente. 
Nessuna delle genesi precedenti è riuscita ad annientare lo spettatore , schiacciandolo, opprimendolo da una forza dinamica generata da un soffitto : mattoni e intonaco.

Per non parlare del vortice del Giudizio Universale,  in cui il suo tormento, le sue angosce le sue debolezze sono quella della
 sua epoca , confusa e indecisa,  fragile e insicura, devastata 
dal Sacco di Roma, che violento' la capitale nell'anima e nel corpo.

Nel momento della Divina sentenza il prezioso lapislazzulo simula il blu dell'Empireo, mentre il colore fangoso dell'inferno è dato da una stesura a secco del colore che ne conferisce la  terrosita' .

E nuovamente il gesto della mano, che eleva le anime beate e schiaccia quelle dannate nel fango e nel fuoco eterno.

Divino Michelangelo. 
Ha modernizzato la pittura dipingendola
come se fosse scultura, arte che sentiva appartenergli intimamente,
lui che dalla balia, moglie e figlia di scalpellini, aveva succhiato latte e polvere di marmo e che si firmo' MICHELANGELUS BONAROTUS SCULPTOR sul contratto che lo costringeva ad affrescare la volta sistina.

Pessimo carattere, è vero, ma ha lasciato il suo capolavoro assoluto,  ha trasmesso attraverso forme e colori lo sgomento suo 
e della sua epoca, attraverso la potenza schiacciante della mano Divina, lui che era scultore, e che solo una volta aveva usato il pennello dipingendo  un piccolo quadro, il tondo Doni.

Non sapeva e non voleva affrescare. 
Evviva il caratteraccio !





lunedì 15 ottobre 2012

Meno male che adesso non c'e' Nerone - condivisione video




Quanta paura che ti fece a scuola 
tra le lezioni da imparare a memoria 
la storia di un'imperatore 
era per tutti un gran terrore 
allora tu dicesti: 

Meno male che adesso non c'è Nerone 

Lui comandava sopra il mondo intero, 
teneva tutti sotto la sua mano 
la storia dice forse è verità 
che alla fine incendiò la città... 

Meno male 

Ed alle feste che organizzava 
c'era il bel mondo ed anche lui suonava 
gli altri all'aperto senza protestare 
se no aumentava le tasse da pagare 

Meno male 

Però in fondo ci sapeva fare 
e per distrarli dalle cose serie 
ogni domenica li mandava in ferie 
tutti allo stadio a farli divertire 

Meno male


condivisione video : Alberto Sordi - e tu mori



MIO FIGLIO NERONE : film di STENO 1956

DAMNATIO MEMORIAE

O con lo Stato o contro . 
Nell' antica Roma non c'erano posizioni intermedie.
E quando la condotta politico - sociale andava contro l'allineamento ideologico si veniva cancellati dalla storia e dalla memoria collettiva.
Il processo di rimozione era totale, iniziando dalla distruzione dell'immagine, del nome e di qualsiasi cosa ne testimoniasse l'esistenza.
Dannati per l'Eternità e condannati ad un oblio senza possibilità di riscatto : una vera e propria morte  civile e storica, un'eliminazione che epurava la perfetta macchina romana dagli hostes , i nemici dello Stato.
I posteri non ne avrebbero visto l'immagine, potente elemento sociale, tanto da essere regolato dal ius imaginum, norma che contemplava il diritto o meno di conservare ed esibire il ritratto dei defunti.

Essere privati del volto , del nome , dell'esistenza, era l'espressione pubblica dell'esclusione dal privilegio di essere romani, posizione ambita per gli enormi benefici che venivano accordati a chi godeva della grazia , della fortuna di essere sotto la protezione di Roma.
Chi era con Roma riceveva tutela giuridica, una pena di morte veloce e non umiliante, diritto alle distribuzioni gratuite di 
frumento, spettacoli gratuiti e il grande onore di appartenere alla romanità.
Chi era contro di Roma, veniva semplicemente annientato, cancellato, nel senso reale del termine, perchè i ritratti, le immagini, venivano scalpellate, mutilate, sfregiate e, quando erano inamovibili , lasciate in loco  a imperituro monito, testimoniato dalle loro lesioni.
Le damnatio più famose hanno colpito alcuni imperatori e i loro familiari, rei irrispettosi e avversi al senato,  che li punì post mortem dell'arroganza verso la maiestas della più autorevole istituzione romana.

L'esempio più ecclatante è la figura di Nerone, trito protagonista  di un immaginario fomentato dalla cinematografia, dalla letteratura e dalla storia stessa. 

Certo, non un brav'uomo , ma perlomeno moderno nella sua posizione contro un'oligarchia stantia ed antiquata, che vedeva in quest'artista senza gran talento, debosciato e filo ellenico, una minaccia ai solidi valori romani.
E allora via, una bella dannazione non si nega a nessuno, e il cattivo ragazzo era oltremodo, fortemente sospettato di essere stato il mandante dell'incendio che nel 64, distrusse Roma e diede l'avvio alle persecuzioni contro i cristiani, ritenuti responsabili.

La moderna storiografia è più benevola nei suoi confronti e soffia vento di assoluzione verso l'imperatore vizioso e sanguinario, ma anche illuminato e colto, obbligato al suicidio per ragion di stato.
e che, mentre portava il coltello alla gola, 
aiutato dal fedele schiavo , 
lamentò il vuoto che avrebbe lasciato nel parnaso artistico pronunciando la frase, riportata da Svetonio :
 ..oh , quale artista , muore con me !